XVI
SOVRANITA’ POPOLARE E FORMA ISTITUZIONALE
DELLO STATO
SI IMPONE UN NUOVO REFERENDUM
Come è indice di agitata coscienza il “colpo di stato della notte dal 12 al 13 giugno 1946, casi rivela paure e ansie la disposizione della immutabilità della forma repubblicana, inserita nell’articolo 139 della nuova costituzione: ” La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale .
E’ più che evidente il timore di un nuovo referendum, svolto in clima di autentica libertà, che mosse il cervello e le mani di quei costituenti nel redigere quella norma in contrasto con l’articolo 1 della stessa costituzione, là dove si dice, evidentemente a parole: “La sovranità appartiene al POPOLO “.
Malgrado siffatta intenzione di parte dei costituenti, confortata dalla opinione di alcuni autori, la maggioranza della dottrina ritiene che la costituzione ” non impedisce in modo assoluto il passaggio legale dalla repubblica alla monarchia.
Sì, la sovranità popolare, cioè la maggioranza dei cittadini democraticamente espressa, ha bene il diritto di mutare la forma istituzionale dello stato, ma non già soltanto quando faccia piacere ai demagoghi e ai manipolatori di voti, bensì quando lo richiedano ragioni storiche e la profonda aspirazione ad un regime di vera democrazia. La sola cosa che non può fare nessuna maggioranza in un paese civile, è privare i cittadini del loro diritto alla libertà e alla vita. Questo, e non altro, è il solo limite alla sovranità popolare.
Ancora oggi, con la stessa mentalità antidemocratica, si continua a credere ‑ come ha detto il Re nel suo messaggio ai giovani il 4 ottobre 1964″ dipoter falsare la storia, rinnegare il passato, non ricordare che questo regime, estraneo alle tradizioni nazionali, nacque ‑ anche se fossero esatti i dati forniti dal governo di allora ‑ dalla più esigua delle maggioranze e in un momento di generale gravissimo turbamento degli spiriti. Mentre furono esclusi dal voto centinaia di migliaia di prigionieri, innumerevoli profughi e le intere popolazioni dell’intangibile provincia di Bolzano e del sacro territorio di Trieste.
Tutto questo si cerca invano di far dimenticare con la congiura del silenzio ugualmente mantenuta da certa stampa e dagli organi di informazione al servizio del regime, e non è a sperare che si dia atto della immutata fede monarchica di tanta parte degli italiani. Ma la storia fa ugualmente il suo cammino.
La RAI‑TV, mentre dà le trombe ad ogni notiziola che si riferisce anche a più o meno invisibili movimenti politici, rifiuta sistematicamente di parlare del Re e della Unione Monarchica Italiana, che pur rappresenta, anche se fossero esatti i dati del Romita, circa la metà della popolazione.
Questi milioni di monarchici presenti nei vari partiti dello schieramento democratico della nazione, o non aderenti ad alcun partito, sono tutti rappresentati dalla Unione Monarchica Italiana e non vanno confusi con il partito monarchico, che, già quando era forte, rappresentava soltanto determinate e limitate correnti.
” Malgrado tutto, l’opinione monarchica è rimasta quale era. Al fondo della coscienza nazionale giace la nozione del diritto offeso e della necessità di riparare “.
Questi milioni di monarchici, schiettamente democratici, auspicano e perseguono il mutamento della costituzione e il ritorno, tramite una nuova e cristallina consultazione del paese, ad una monarchia come quelle degli stati nel nord‑Europa, in cui ogni progresso sociale è possibile, ma nel rispetto assoluto di ogni libertà.
Nella vita dei popoli, come in quella degli individui, le questioni morali non si prescrivono: restano sempre vive e aperte.
I monarchici italiani denunciano ancora una volta alla pubblica opinione il modo in cui è nata l’attuale repubblica. Né abili falsificazioni, né sprezzanti sarcasmi, né untuosi bigottismi possono sanare ciò che la storia denuncia e l’etica condanna.