Alberto Pasolini Zanelli
Alcuni italiani hanno dimenticato, molti tra i più giovani non sanno. Perché il Re, dopo essersi piegato all’esilio del referendum rifiutò e tuttora rifiuta di abdicare?
“Per rispondere a questa domanda devo ricordare – come ho fatto altre volte – il mio proclama del 13 giugno 1946 allorché lasciai il suolo della Patria per scongiurare agli italiani nuovi lutti e nuovi dolori, dato che nella notte dal 12 al 13 giugno il governo ha compiuto un gesto rivoluzionario, assumendo, con atto unilaterale ed arbitrario, poteri che non gli spettano e mi ha posto nell’alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza. Ecco perché io ero pronto e sono stato sempre pronto a far decidere democraticamente la questione istituzionale dalla maggioranza del popolo italiano; ma non ho abdicato e non abdicherò. Mi pare evidente”.
Se potesse tornare indietro di trent’anni si comporterebbe come nel 1946? Non è pentito di non aver resistito allora all’assunzione dei poteri di capo dello Stato da parte di De Gasperi?
“Mi comporterei certamente come allora: di fronte al colpo di stato, alla violenza al sopruso, agirei come ho agito, sacrificandomi per evitare danni e dolori al popolo italiano”.
Che ricordo conserva di personalità politiche che le furono, da amici o da avversari, particolarmente vicine nelle drammatiche settimane di trent’anni fa e nei mesi precedenti?
“Non intendo esprimere giudizi su persone. Lascio questo compito agli storici. Noi ne abbiamo di valorosi e di fama internazionale, e anche fra i giovani vi sono uomini che si distinguono per serenità di giudizi e serietà di indagine come Renzo De Felice. Desidero solo dire che mi rincresce e non comprendo per quale ragione Manlio Brosio non sia stato portato candidato al senato. Non arrivo a comprendere come si possa pensare di rinnovare le assemblee legislative eliminando uomini di pensiero e di capacità solo per motivi si stato civile! Come si fa a dimenticare eminenti statisti purtroppo assenti come Clemenceau, Winston Churchill, Adenauer, Giolitti”.
Quale fu o quali furono, a parte le posizioni e le idee specifiche, gli uomini politici italiani dell’epoca del referendum più vici a lei nel modo di vedere le cose, nell’idea dello Stato?
“Durante i due anni della Luogotenenza e del Regno, mi tenni sempre in contatto con gli uomini politici di maggior rilievo ed esperienza, come Vittorio Emanuele Orlando, Francesco Savero Nitti, Carlo Scialoia, Alberto Bergamini, Giovanni Conti Venosta Alessandro Casati, e inoltre al ministro della Real Casa Falcone Lucifero; e ad altri che vedevano, come me, la necessità della preparazione del referendum istituzionale in un clima rasserenato, o per appunto raggiungere quel 70 per 100 di adesioni all’una o all’altra concezione istituzionale, di cui le parlavo prima”.
In che misura ritiene che gli eventi internazionali abbiano influito nell’esito del referendum?
“Certo le vicende internazionali non erano adatte per lo svolgimento del referendum istituzionale del 2-3 giugno 1946. Basta ricordare che la guerra in Europa e in Italia aveva avuto termine solo nell’aprile maggio del 1945, lasciando ovunque le inevitabili conseguenze di ogni conflitto e nel nostro caso anche della Resistenza, cioè della decisione più dura nel nostro Paese. Non si deve dimenticare poi che la pace fu firmata dopo due anni, solo il 10 febbraio 1947, mentre il referendum si svolse ben otto mesi prima. Ma io voglio puntualizzare che la questione istituzionale italiana andava decisa solo dagli italiani, che nessuna interferenza o pressione di alcun genere doveva esserci da parte di nessuna potenza straniera. Voglio ripetere: evento italiano da decidere dagli italiani. Come ho già detto, ciò poteva e doveva avvenire quando tutti gli italiani fossero stati in condizioni di poter esprimere liberamente la loro volontà. E così non fu“.
Quale fu in quel periodo il comportamento delle potenze straniere, dalla Russia all’America? E’ vero che l’Inghilterra era più di altri paesi favorevole alla causa monarchica, soprattutto prima che Curchill venisse sostituito da un premier laborista?
“Non intendo rispondere a queste domande e lei capisce il perché“.
E l’atteggiamento filo repubblicano preso dalla DC ( nonostante che la grande maggioranza degli elettori democristiani il 2 giugno abbiano poi votato per la monarchia) ha avuto una influenza determinate nell’esito del referendum?
“Sa come si giunse alla maggioranza repubblicana al primo congresso del 24-28 aprile 1946? Me lo raccontò Cesare Dagli Occhi, valoroso avvocato penalista allora iscritto alla Dc e poi per la seconda e terza legislatura deputato monarchico al Parlamento per Milano. Nelle assemblee provinciali del Partito, specie nel nord, dove per l’atmosfera politica e l’insicurezza, i partecipanti sono pochi e in genere scalmanati. I risultati delle votazioni di queste minoranze vennero invece rapportate al totale degli iscritti alle sezioni. Le faccio presente una sezione poniamo di mille iscritti, ne intervennero all’assemblea solo 200 di questi, sempre per ipotesi, 150 votarono per la repubblica e 50 per la monarchia. Ebbene questa proporzione di uno a tre fu estesa a tutti gli iscritti vennero a figurare 750 voti per la repubblica e 250 per la monarchia. De Gasperi ebbe a dirmi in quei tormentati giorni che egli rappresentava il partito che aveva avuto il maggior numero di voti monarchici“.
Se il referendum fosse avvenuto due anni dopo, in rottura il CLN, con le sinistre fuori dal governo e la DC tesa alla costruzione della “diga”, il risultato sarebbe stato diverso?
“Il 2-3 giugno 1946 la monarchia, secondo i dati ufficiali di allora, sarebbe caduta col più del 48 per cento dei voti. La repubblica avrebbe vinto . sempre secondo questi dati ufficiali – quando ebbe 244.451 voti più della metà dei votanti. Questi i risultati ufficiali con le sinistre al governo dopo che il referendum era stato preparato e si era svolto senza che i partiti e gli stessi ministri del Re – malgrado l’impegno preso – avessero mantenuto fede alla tregua istituzionale. E’ ovvio ritenere che anche senza attendere alla estromissione dei socialisti dal governo, avvenuta un anno dopo, i risultati sarebbero stati diversi e a favore della monarchia“.
Le testimonianze dei tempi più recenti dei sentimenti degli italiani verso la Casa Savoia e verso la sua persona?
“Potrei dire che è una testimonianza iniziata dal momento della mia partenza dal Quirinale – all’aeroporto di Ciampino il pubblico mi applaudì a lungo – e senza soluzione di continuità e durata e dura fino ad oggi. Italiani di ogni ceto e di ogni credo politico sono venuti nella mia residenza di Cascais o si sono radunati in località prossime alla frontiera e in Italia per manifestarmi il loro affettuoso attaccamento e la loro fede nella mia Casa. Questi milioni di italiani quali va la mia gratitudine e il mio affetto di uomo e di re mi hanno permesso di conoscere e di vivere le sorti della patria lenendo, in parte, la mia sofferenza. Per non dire poi di quei milioni di italiani che, impossibilitati a raggiungermi, mi hanno quotidianamente inviato e mi inviano il loro ricordo epistolare in ogni circostanza allegra o triste che abbia attraversato e attraversi.
E a loro che io debbo tutto per non sentirmi solo e isolato in questa seppure ospitale terra portoghese, alla quale desidero dire, anche in questa occasione, tutta la mia gratitudine, bene auspicando per l’avvenire del suo popolo”.
Alberto Pasolini Zanelli – ” Il Resto del Carlino” – 3 giugno 1976