Colloqui con Umberto
La Stampa 8 maggio 1947
Egli dice: la guerra avrebbe dovuto finire il 25 luglio 43, il padre abdicare subito e Mussolini esser consegnato agli alleati.
Il vistoso patrimonio congelato a Londra.
Maria José quasi guarita va in barca e rema.
Un giudizio su Badoglio
Dal nostro inviato Estoril maggio
Ho passato con Umberto alcuni giorni, e abbiamo parlato sovente e a lungo dei molti e agitati eventi che andarono dal ‘40 fino al crollo di un trono nel ‘46.
Non avevo più veduto Umberto da prima della guerra: l’ho trovato calmo e sereno, ed un senso di compostezza ispira la sua vita d’esilio. La Villa do Baluarte, ch’egli ha affittato dal conte do Mont Réal piacevole, ma modesta. Così modesta che la piccola corte che ha accompagnato i conti di Sarre nell’esilio deve alloggiare in un appartamento a cento passi dalla villa. La villa è sita d’angolo e guarda l’Atlantico. Ma non è sul mare, perché le tempeste oceaniche che battono quest’estrema punta della Costa do Sol impediscono la costruzione di case troppo in prossimità del mare. A pianterreno vi sono tre sale arredate in quello stile portoghese detto Manuelino che arieggia, nei mobili, il Chippendale inglese una vasta sala da pranzo e due lati della casa sono cinti da una terrazza che guarda il mare e scende al non vasto giardino. Tuttavia appena si entra, vi è un cortiletto delizioso, rettangolare e disegnato d’un giardinetto a fontana e tutto cinto da un portichetto a colonnine svelte, quieto e fresco come un chiostro.
Al primo piano vi sono le camere da letto; e coi quattro principini, le loro governanti e i domestici, la famiglia è piuttosto numerosa. Una mattina mentre conversavamo in uno dei salottini, sentivamo lo scalpiccio di passi fanciulleschi sopra la nostra testa: «Sono – mi disse il Re il piccolo Vittorio e Maria Gabriella che giocano nella stanza di Maria Pia sebbene – soggiunse sorridendo – a quest’ora dovrebbero avere la loro lezione».
La vita d’ogni giorno
E poi ch’io osservavo che la casa mi sembrava assai piacevole soggiunse: «Lo è, se pur ho dovuto far levare una quantità di quadri e cose che sovrabbondavano; ma non so se potrò rimanervi dopo la fine di giugno, perché il conte di Mont-Real me la ha affittata soltanto per sei mesi». Ebbe una breve pausa e poi disse : E,’ un po’ triste questo errare da una casa all’altra, soprattutto coi bambini. I bambini si affezionano così presto a una casa, e in loro il senso di distacco è più vivo e triste… » .
Prima di scendere a Cascais, la famiglia reale abitò a Colares, nella Quinta di Bellavista presso Cintra, ch’era una villa ariosa o vasta; ma il monte di Cintra subisce delle depressioni atmosferiche, che sovente l’avvolgono di brume. Inoltre la casa di Cintra, anche per la distanza da Lisbona o da qualsiasi altro centro, costava troppo cara; e ho appreso che Umberto e la sua famiglia debbono vivere con parsimonia.
Esiste, è vero, il patrimonio di Vittorio Emanuele III depositato a Londra presso la Banca d’Inghilterra, patrimonio ch’era stato depositato colà da Umberto I, e che si dice sia assai cospicuo; ma per il momento quel conto è ancora congelato » dal Custode dei Beni Nemici, e non è ancora chiaro come la Tesoreria Britannica lo considererà dopo la ratifica del trattato di pace. Dopo l’altra guerra il governo britannico aveva restituito a re Ferdinando di Bulgaria il suo conto personale presso la Banca d’Inghilterra, circa 400000 sterline più gli interessi accumulati; e su parecchi chi patrimoni privati d’Italiani il Custode dei beni Nemici ha già rilasciato, fin dall’anno scorso, gli interessi; ma nulla ancora e mutato nei riguardi del patrimonio di Vittorio Emanuele. A Londra correva di recente voce che fosse intervenuto personalmente Re Giorgio VI per volare le cose ma non è vero.
Nondimeno Umberto eccetto che non ha più affari di Stato, conduce la sua vita d’esilio con una metodicità precisa e ordinata. Al mattino fa so spoglio dei giornali italiani ed esteri; attende alla vasta corrispondenza, e poi fa una passeggiata coi bimbi. La posta, voluminosissima, viene divisa in tre o quattro gruppi o categorie; a talune lettere Umberto risponde di persona; ma su tutte egli segna in margine un’istruzione per la risposta che verrà stesa dal piccolo ma occupatissimo ufficio di segreteria; numerose sono lo persone che chiedono una fotografia dei bimbi… Al pomeriggio vi sono visitatori da ricevere, visite da fare ad amici nei dintorni , e il pranzo intimo, dopo il quale quasi ogni sera l’ex re fa un’ora di lettura alla regina nelle sue stanze.
La recente malattia e le presenti condizioni di salute della Contessa di Sarre, sono state oggetto di molte fantasie. La verità come l’ho appresa dal prof Castellani è questa.: la regina dovette sottoporsi a una normale operazione d’appendicite; ma dopo l’operazione susseguì una grave emorragia interna che le lese i nervi ottici e le causò uno strano fenomeno alla vista, in conseguenza del quale essa vede soltanto orizzontalmente e con un raggio laterale assai ristretto come se avesse, per dire, i paraocchi: per guardare in alto o in basso deve alzare o abbassare la testa, e ugualmente deve voltare la testa per vedere di lato. I medici ritengono che il fenomeno passerà col tempo e con il rinvigorirsi dell’organismo; Maria José già esce durante la giornata, e proprio il giorno prima della mia partenza aveva fatto una breve gita in barca e aveva anche remato.
Passeggiate della sera
E a questo proposito posso chiarire altre voci. S’è detto che Maria José stia per andarsene a vivere per conto suo in Svizzera, dove condurrebbe con sé il giovine erede, Vittorio Emanuele. La sola cosa vera è che essa ha comperato presso Ginevra dove già abitano suo fratello e sua madre, un’antica villa fuori della città e conta di recarvisi di tanto in tanto; ma i figliuoli o in particolar modo il piccolo principe resterà sempre col padre, per seguire la sua educazione sotto la sorveglianza paterna com’è tradizione nella famiglia. Quanto alle voci che Umberto avesse chiesto al governo elvetico il permesso di trasferirsi in Svizzera e che il permesso gli fosse stato negato, egli stesso m’ha detto: «La cosa è assurda perché un uomo nella mia posizione non va mai a risiedere in un paese di confine. E poi, come me potrei desiderare una terra più ospitale del Portogallo? ». E’ vero infatti che tutta la famiglia e in particolare modo Umberto sono assai ben visti dalla popolazione locale.
A sera, dopo le 10 Umberto ama fare una lunga passeggiata, quando la pittoresca strada costiera che da Cascais va a Estoril è deserta e i villeggianti cercano la fortuna ai tavoli del Casinò. Vestito allora di un abito di flanella grigia e senza cappello, Umberto esce a diporto. Fu durante queste camminate serotine che insieme parlammo del tragico passato. Quanto il Re mi disse potrebbe comporre i capitoli interessanti di quello scorcio di storia nostra che ancora attende d’essere precisato. Le cose di cui discutemmo insieme toccarono infatti questi argomenti
1) la vera posizione della Corona nel ’40;
2) le ragioni dell’astio inglese contro i Savoia (e su questo Umberto era ansioso di parlare con me che avevo avuto la ventura di passare gli anni della guerra in Inghilterra come semplice spettatore alla finestra);
3) la storia autentica e precisa della congiura di palazzo che abbatté il fascismo
4) la relazioni fra la Corona e gli alleati durante il periodo successivo al settembre ’43, quando a volte sembrò che esistesse un dualismo politico fra gli inglesi in Italia e la politica filo-monarchica di Churchill;
5) gli ultimi eventi fino all’esilio. Su tutti questi fatti Umberto ha una visione pronta, e la sua memoria è non meno impressionante di quella del padre.
Fatti e uomini
Umberto è convinto che la guerra avrebbe dovuto finire subito dopo il 25 luglio; che Vittorio Emanuele avrebbe dovuto abdicare immediatamente e che Mussolini avrebbe dovuto essere consegnato agli Alleati subito dopo la defenestrazione. E un episodio voglio ricordare, che Umberto mi narrò nel menzionarmi un errore di valutazione in cui io ero incorso nei miei articoli sul « Daily Teiegraph» di Londra quando, nel ’43, avevo esaltato l’opera del maresciallo Badoglio.
M’ha detto Umberto: «Badoglio ha commesso molti errori dovuti a una certa mancanza di comprensione politica, ma soprattutto dovuti al suo carattere. Strano a riscontrarsi in un soldato e in un capo di Stato Maggioro, Badoglio soffriva di incontrollabile depressione nervosa. (Questo giudizio coincide con quanto aveva detto il maresciallo Caviglia nel suo libro). Io ero presente nella sua stanza quando giunse la notizia che i tedeschi occupavano Roma, e il loro Comandante voleva parlare con lui. S’impressionò eccessivamente, abbracciava il suo aiutante, mormorò: «Che cosa sarà adesso dei mio povero figlio…». sì ch’io dovetti dirgli più volte: «Ma si calmi, signor Maresciallo, si calmi…». E durante la partenza da Roma avvenne un episodio che mi colpì. Mio padre, il Re, era già partito nella vettura, con il suo gagliardetto sul cofano. Io partii un po’ più tardi, insieme con Badoglio. Subito che uscimmo dalla città verso i monti la notte divenne freddissima; e Badoglio, che s’era messo in borghese ed era in uno stato di grave abbattimento, tremava di freddo. Io mi tolsi il cappottone di generale e glielo detti perché si riparasse dal freddo. Badoglio l’infilò; ma dopo qualche istante lo vidi che di nascosto rimboccava la maniche per nascondere i galloni».
C.M. Franzero