Maria Josè di Savoia, che fu per pochi giorni regina d’Italia nel lontano 1946, è oggi una signora di 71 anni che vive in pace con se stessa e con la sua irrequieta famiglia. «Passo intere giornate a leggere», ha detto all’inviato di «Oggi» che ha ricevuto nella sua quieta abitazione svizzera. « La mia vista me lo permette perché, dopo due interventi chirurgici, il male che avevo agli occhi si è arrestato » 0 « Ho scritto la biografia di molti Savoia e ora sto facendo ricerche su Carlo Emanuele I. Mi piacerebbe poter andare a Torino a frugare nell’archivio della famiglia» e « In realtà vorrei tornare in Italia anche perché ne sento una grande nostalgia. Sarei felice se venisse abolito quell’articolo della Costituzione che impedisce il ritorno a me, a mio marito e a mio figlio » e « Ho fatto tanti viaggi, ma i momenti più belli sono stati quando ho rivisto Napoli dal mare e Venezia dal cielo ».« Ho incontrato Umberto prima di Natale e incontro i miei figli molto spesso. Ho otto nipoti ma vorrei averne molti di più»
Merlinge (Ginevra). febbraio
Merlinge è solo una fermata d’autobus. Attorno vi sono prati e un viale che porta a una villa settecentesca a un piano. Qui abita Maria Josè di Savoia, moglie di Umberto, regina d’Italia per pochi giorni nel maggio 1946 e per questo condannata a perpetuo esilio dalla Costituzione repubblicana. Siamo a una decina di chilometri (la Ginevra a sud del Lemano. Ma il lago non si vede, è lontano. Più vicine di quanto siano appaiono invece le Alpi innevate.
Maria Josè. contessa di Sarre, zia di Baldovino re del Belgio, ci aspetta nel-
la biblioteca della villa. Alle pareti molti libri di storia tutte le opere di D’Annunzio. « I libri », spiega, « sono l’unica cosa che ho portato dall’Italia. Io leggo molto, per le mie ricerche storiche». E’ con lei il dottor Marcel Sauthier, amministratore della proprietà ; egli, assieme a una coppia di domestici italiani e a due contadini addetti al giardino e all’orto, vive nella grande dimora dell’ex-regina, che non si fa chiamare «maestà» o qualcosa di simile, bensì semplicemente «madame». Dappertutto mobili austeri, qualche pezzo di valore, alcuni vasi di Sèvres; alle pareti ritratti di antenati Savoia. Attorno quiete assoluta.
Maria Josè ha 71 anni, è stata due volte operata agli occhi per il distacco della retina, negli ultimi anni ha riportato gravi fratture in due incidenti, uno aereo e uno stradale. Ma, nonostante questo. gode di buona salute, è piena di vitalità, si occupa di una infinità di cose. Appassionata di musica, dal 1960 presiede la giuria del premio di composizione musicale «Regina Maria Josè», che viene assegnato ogni due anni a giovani musicisti di talento.
E’vero che, per finanziarlo, lei ha venduto anche dei gioielli di famiglia?
«Sì, una volta ho messo all’asta un pendaglio di diamanti ch’era appartenuto a Maria Teresa d’Austria e alla imperatrice del Messico, la moglie di Massimiliano. Per il premio è stata istituita una fondazione, a cui contribuiscono anche altre associazioni».
Lei ha scritto anche libri di storia.
« Sì, sui Savoia nel ‘400. Ho scritto le biografie di Amedeo VI, VII e VIII. Ma si tratta di ritratti dell’epoca, più che dei personaggi. Ora sto facendo delle ricerche sul ‘500, sul personaggio di Carlo Emanuele I, durante l’età della Riforma e delle grandi guerre di religione. Ho scritto anche un libro sui miei genitori, Alberto I del Belgio ed Elisabetta ».
Riesce a leggere? Non ha avuto grossi problemi agli occhi?
«Sono stata operata. Adesso vedo a metà, cioè solo con la parte superiore degli occhi. Però il processo della malattia si è fermato. Posso leggere quanto voglio».
Non si stanca?
«No, no. Certo, faccio tante altre cose. Vado a sentire concerti, partecipo a conferenze e comitati di ricerche storiche, seguo i problemi dell’ecumenismo. Io sono cattolica, come i miei genitori, ma mio nonno era protestante; anche per tradizione di famiglia sono quindi portata a interessarmi dell’unità delle Chiese. Ma non ho solo occupazioni intellettuali, mi dedico anche a quelle fisiche».
Cosa fa? zappa l’orto?
«No, quello no. Però vado spesso nel giardino o nel bosco a potare gli alberi. a tagliare i rami secchi. Uso una sega e con quella mi metto al lavoro. L’esercizio mi serve per tenere in attività la spalla destra, che mi fratturai in un incidente d’auto nel 1974. Fummo investiti da un’altra macchina, mentre andavamo a Lione per un concerto. Riportai anche la frattura multipla di una gamba. E per questo cerco di camminare molto, in giardino e fuori. Spesso passano lungo la strada degli italiani. E mi domandano se sono la regina, mi chiedono come sto, perché non vengo mai in Italia. Molti italiani non sanno che io in Italia non posso tornare. E si meravigliano apprendendolo .
Lei vorrebbe tornare in Italia?
«Sì. Vorrei venirci per vedere com’è cambiata. Ho tanti ricordi belli là, la mia adolescenza, a dieci anni io già ero a Firenze, studiavo nel collegio di Poggio Imperiale; e poi i primi anni di matrimonio, i figli piccoli… Vorrei tornare in Italia, per continuare le mie ricerche storiche, specie a Torino, dove si trovano gli archivi dei Savoia. E per viverci».
Dove vorrebbe andare?
«Vorrei andare a vivere in Toscana, dove ho passato la mia adolescenza. Certo mi piacerebbe anche rivedere Roma».
Che è molto cambiata. Attentati, manifestazioni, rapine, rapimenti, e poi crisi politiche ed economiche.
«Lo so. Io leggo giornali italiani, ascolto la radio. Ma si sa. le notizie che hanno più eco e pubblicità sono quelle brutte. Molta gente che viene dall’Italia mi racconta che gli italiani sono cordiali, i negozi pieni di belle cose… e poi i monumenti. L’Italia resta sempre un paese meraviglioso».
Lei ha mai chiesto di tornare?
«No. Una volta Einaudi, quando non era presidente della Repubblica, venne qui a Ginevra. Lo incontrai, gli dissi che mi sarebbe piaciuto andare a Ischia, che conoscevo bene, per fare delle cure termali. E, lui mi consigliò di avanzare una formale richiesta. Ma io poi non ne feci nulla, per timore di ricevere un rifiuto».
Quindi l’Italia non l’ha mai più vista?
«Una volta, nel 1960. Mi trovavo su una nave diretta nel Libano che fece scalo a Napoli, i crocieristi scesero. Io non potevo e restai a bordo. Però vedevo distintamente il centro, il Maschio Angioino, ricordo che notai che era stato costruito un grande albergo a torre. Vidi anche tante ville a Posillipo, tante costruzioni nuove. Quando la nave ripartì, costeggiammo le sponde della Campania e della Calabria. Io rimasi a guardare le coste d’Italia finché venne la notte».
Dopo d’allora non è più venuta a sbirciare un po’ d’Italia dal mare?Non ha mai pensato di valicare le Alpi, per toccare di nascosto da qualche parte il territorio italiano?
«Da giovane ero una alpinista, Sono arrivata in cima al Cervino, ho scalato il Monte Rosa. Dalla parte italiana. No, non ho mai pensato di rifare, nel dopoguerra, la scalata dall’altra parte, per vedere l’Italia di lassù».
Si dice elle Suo figlio Vittorio Emanuele, che ha una casa nell’isola francese di Cavallo, nello stretto tra 1a Corsica e la Sardegna, d’estate arrivi ogni tanto sulle coste sarde, violando quindi la legge che impedisce anche a lui, erede al trono, di tornare in Italia. Lei non ha mai pensato, che so, di presentarsi alla frontiera per entrare? Forse non la riconoscerebbero e non le impedirebbero il passaggio.
«Oh, non voglio creare guai, complicazioni. No, no. Io voglio tornare in Italia da privata cittadina e con le carte in regola. Ho sentito che i comunisti non sarebbero contrari all’abolizione dell’articolo 117 della Costituzione che vieta a me, a Umberto e a Vittorio Emanuele di tornare in Italia. Ma non lo scriva, perché forse la notizia non è esatta».
E a tornare in Italia come regina non ha mai pensato? Non dico adesso, ma nei primi anni dell’esilio?
«Mai pensato. Sarebbe stato difficile regnare, troppi partiti, troppe complicazioni. Io ho sempre desiderato di tornare solo come semplice cittadina» .
C’è chi sostiene che, nel giugno 1946, dopo che il referendum istituzionale aveva sancito la vittoria della repubblica sulla monarchia, re Umberto non se ne volesse andare. Infatti restò diversi giorni al Quirinale, mettendo in imbarazzo il presidente del Consiglio De Gasperi. E’ vero?
«Il re attendeva ancora perché gli scrutini non erano stati ultimati. La repubblica era stata proclamata affrettatamente. Comunque, il re poi se ne andò, dichiarando che non sarebbe rimasto senza un consenso chiaro del popolo. Ma sono cose lontane, polemiche sepolte».
Lei pensa che se Mussolini non fosse entrato in guerra, in Italia vi sarebbe ancora la monarchia?
«Questo non lo so. Comunque, i Savoia erano contrari alla guerra. Il 10 maggio 1940 i tedeschi invasero il Belgio e io per vario tempo non seppi nulla di quello ch’era capitato a mio fratello Leopoldo, ch’era il re. In Italia Vittorio Emanuele e anche Umberto cercarono di dissuadere Mussolini dall’intervento a fianco della Germania; ma lui disse che non poteva fare altro, che era legato alla Germania dal patto d’acciaio; e poi, non ascoltava nessuno».
In esilio, l’ex-re Umberto andò ad abitare a Cascais, in Portogallo. Lei invece ha scelto la Svizzera. La preferisce come clima?
«Qui c’è un clima pedemontano, andava meglio per i bambini. A Cascais, dove sono stata varie volte, c’è molta umidità. E la nebbia. A volte, d’estate, dall’Atlantico viene una grande nebbia e, dalla villa Italia dove abita Umberto, si sentono le sirene delle navi che segnalano il loro passaggio. Preferisco qui».
E’ molto tempo che non vede suo marito?
«L’ho visto poco prima di Natale. E’ venuto a Ginevra, ospite di Vittorio Emanuele, che abita qui vicino, sulla strada del lago».
Si dice che i suoi figli non amassero molto questa casa. Tutti se ne sono andati presto.
«Non è vero che non amino questa casa. Infatti vengono a trovarmi spesso. Maria Gabriella si trasferì a Parigi per frequentare la scuola di Belle Arti, Maria Pia invece fece gli studi alla scuola interpreti di Ginevra e rimase in questa casa finché non si sposò con Alessandro di Jugoslavia; anche Vittorio Emanuele restò finché non si sposò».
Però Maria Beatrice scappò davvero, senza un motivo plausibile.
«Molti giovani lo fanno, per sentirsi indipendenti! Ma tante volte è tornata a casa. Adesso vive tranquilla in Messico, a Cuernavaca, con il marito Luis Reina e i due bambini, Raffaello di 7 anni e Azaea di 5. Qualche mese fa è venuta a trovarmi. Ha lasciato il berretto, dicendo: “Così sono sicura di tornare”. Io sono andata due volte in Messico a trovarla. Ne ho approfittato per visitare quel paese in lungo e in largo. Quanto alle altre due figlie, Maria Pia abita a Versailles e Maria Gabriella a Parigi. Vado spesso a Parigi e così le incontro. Ma anche loro vengono spesso qui».
La sua è una grande famiglia. Lei ha molti nipoti.
«Maria Pia ha avuto due coppie di gemelli: Dimitri e Michel, che adesso hanno 19 anni, e Serge ed Hélène, che ne hanno 15. Sono falsi gemelli, però, perché non si assomigliano. Maria Gabriella ha una figlia sola, Elisabetta, 6 anni, e Vittorio Emanuele ha un figlio, Emanuele Filiberto, di 5 anni. Otto nipoti. Ma io ne vorrei una decina».
Lei preferisce restare a casa, oppure viaggia molto ?
«Sono stata in tanti luoghi. In America, in tutta Europa. Ogni anno, in una città diversa, si svolge una conferenza dei promotori di premi musicali. Partecipo anch’io, naturalmente. Lo scorso anno ci siamo riuniti a Tel Aviv. Sono stata anche in Polonia, in Russia, nella Cina popolare. Questo nel ’64, assieme a mia madre Elisabetta, anche lei appassionata di musica e promotrice di un premio che tuttora si assegna a Bruxelles. Vado molto in montagna, anche se ora non scio più, ho paura dopo le tante fratture subite».
Lei ha avuto anche un incidente aereo, sul jet di Agusta, a Saint Moritz.
«Sì. Fu nel 1972. Eravamo, a bordo, la signora Doria, mamma di mia nuora Marina, io, la hostess e i due piloti. In fase di atterraggio c’era la nebbia, la visibilità era scarsa. Però feci in tempo a vedere le montagne avvicinarsi pericolosamente. Pensai che ci saremmo andati contro. Poi il pilota riuscì a deviare e a finire sul lago di Silvaplana che era gelato. L’aereo si spaccò in due, perdendo fortunatamente la coda con i motori, che altrimenti probabilmente si sarebbero incendiati. Noi proseguimmo col troncone di testa, a grandi sobbalzi. Restammo tutti feriti. Io mi ruppi una vertebra. Ricordo che quando la pazza corsa finì, ci guardammo in faccia, meravigliati di essere ancora vivi. Subito dopo nello squarcio della fusoliera si affacciò un giovane coi capelli lunghi vestito da hippy, che ci chiese: “Avete bisogno di qualcosa?”. Aveva assistito, dalle rive del lago, alla nostra caduta».
Dopo quello scampato pericolo, lei ha continuato ad andare in aereo?
«Oh sì, tante volte. D’estate vado in vacanza in Grecia, l’anno scorso a Creta, due anni fa a Patmos e così via. Adoro il mare. Mi piace nuotare, ho ancora una notevole resistenza, e poi mi serve per mantenere in esercizio le ossa e le giunture. Ricordo, l’estate scorsa, che l’aereo sorvolò Venezia. La città si vedeva distintamente, coi suoi monumenti, i suoi canali. Anche quella volta mi venne una grande nostalgia dell’Italia».