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Il referendum del 1946

Esiliato ma presente, del Ministro Lucifero 1983

By Novembre 21, 2018Ottobre 24th, 2021No Comments

Esiliato ma presente

Articolo del Ministro della Real Casa Marchese Falcone Lucifero comparso su “Il Tempo” del 19 Marzo del 1983

Più grande del dolore per la morte di Umberto II deve essere il rimorso di quanti hanno privato l’Italia di questo Re.

Per oltre trentotto anni ho avuto l’onore e la ventura d’essergli vicino. Mi aveva conosciuto a Salerno nel febbraio del 1944, quando ero ministro nel governo Badoglio. A maggio, mentre ero prefetto del Regno a Bari volle vedermi. Affabile e gentile, come sempre, mi disse: «Ho letto alcuni suoi libri e so che lei proviene dal partito di Giacomo Matteotti. Siamo,d’accordo: libertà individuale e giustizia sociale. E siccome all’imminente liberazione di Roma, mio padre mi nominerà suo Luogotenente Generale, vuole lei essere il mio ministro della Real Casa? ».

Così, un mese dopo, cominciò una collaborazione durata sì a lungo.

Fu Re, effettivamente, per due anni, dal giugno ’44 al giugno ’46, anche se, fino all’abdicazione di Vittorio Emanuele III fu chiamato Luogotenente Generale del Re. Tutto fu diretto e ispirato da lui e fu il periodo più difficile per innumerevoli ragioni- la continuazione della guerra contro i nazisti, la repubblica sociale al nord, la presenza delle truppe alleate, la drammatica situazione dell’amata Trieste, gli sfollati dalle città bombardate, la mancanza di viveri e indumenti, i rapporti coi governi di coalizione e i comitati di liberazione, la tregua istituzionale da lui solo rispettata, dovunque tanti risentimenti e tanti contrasti

Egli, sempre sereno, affrontò con volontà determinata la soluzione di tutti questi problemi ponendo ferme basi anche per il ripristino degli istituti democratici, la riconciliazione e la ripresa della vita nazionale.

Sdrammatizzò subito la questione istituzionale, che tanti avevano interesse ad acuire, come Pietro Nenni, col suo slogan antidemocratico ed intimidatorio «La repubblica o il caos ».

Dal Quirinale egli disse: «La monarchia o la repubblica, come vorrà la maggioranza liberamente espressa, dagli italiani». Così mostrava di non vedere nella vicenda, in cui gli eventi storici lo avevano portato, un fatto dinastico e personale, ma un problema da risolvere democraticamente nel solo interesse del popolo italiano. Grandezza d’animo, rara se non unica.

Gli si rispose con l’esilio.

Il Quirinale con lui, era subito divenuto il cuore e il centro della Nazione. Mentre ospitava nella reggia i piccoli mutilati ci guerra, apriva i giardini del palazzo ai fanciulli dei quartieri popolari, accoglieva familiarmente, nei locali del ministero della Real Casa, i soldati che tornavano dalla lunga prigionia, e tutto, attorno a lui, era dominato dalla sua appassionata azione.

Le sue giornate erano intense. Si alternavano visite alle nostre truppe sulla linea gotica, udienze collettive e singole a chiunque desiderasse incontrarlo,    colloqui con uomini politici, – da Bergamini a Pajetta, –    con economisti, industriali, sindacalisti, scienziati, coi quali si discuteva del presente e si progettava l’avvenire. E, tante volte, la sera, su una piccola fiat, da me condotta, andavamo nei quartieri periferici per vedere quanto era più urgente e possibile affrontare e risolvere.

 Non gli fu consentito.

Credo fermamente che, col suo carisma, le sue non comuni doti, la sua profonda e minuta conoscenza di tutti i problemi della nazione morali, economici, finanziari, sociali, politici, culturali, la sua vigile, responsabile, paziente e schiettamente democratica guida, avrebbe impedito quegli errori che oggi tutti lamentano. E fu colpito da una pena che non esiste in alcuna legislazione perché l’esilio è contro i diritti fondamentali dell’uomo.

Fu così ferito in quello che egli considerava l’unico scopo della sua vita: servire la Patria.

Pur profondamente addolorato, volle mantenersi in stretto contatto, giorno per giorno, con gli italiani. Ogni fine d’anno e negli eventi importanti della Nazione, indirizzò messaggi di critica costruttiva, denunciando tempestivamente i danni della partitocrazia, della lottizzazione, dell’assistenzialismo e degli sperperi.

Nelle calamità che ci hanno colpiti, desolato di non poter accorrere, volle sempre la presenza del suo ministro per portare una parola di solidale affetto e qualche aiuto: dal terremoto dei 1947 in Calabria alla frana di Ancona del dicembre 1982.

Così volle essere accanto alle famiglie degli uccisi ed ai superstiti di stragi e delitti, da piazza Fontana alla recente uccisione del magistrato di Trapani, Giangiacomo Ciaccio Montalto.

In alcune occasioni solenni, come il centenario del Regno d’Italia e quello di Porta Pia, volle additare all’orgoglio e alla riconoscenza della Nazione, italiani illustri che hanno onorato la Patria nel mondo, conferendo l’Ordine Civile di Savoia a settantacinque personalità della scienza, delle lettere e delle arti, tra i quali il premio Nobel Giulio Natta, Giorgio De Chirico, Aldo Palazzeschi, Gian Carlo Menotti, il cardinale Amleto Giovanni Cicognani, Luchino Visconti, Pietro Valdoni, Enrico Mattei, Giacomo Manzù, Massimo Pallottino, Valentino Bompiani.

Inoltre, doni munifici a musei, chiese, santuari, scuole. Doni personali ai nostri campioni dello sport, dai vincitori delle Olimpiadi a quelli dei Mundial ’82. Nulla gli sfuggiva di quanto accadeva in Italia. E’ stato necessario un libro di cinquecento pagine per documentare questa diuturna presenza di Umberto II in Patria, durante circa trentasette anni di esilio.

Anche poche settimane or sono nel consueto messaggio di fine d’anno, esortava a «tornare ad amare la Pa tria. Solo così» – aggiungeva – «si potranno accettare i sacrifici, superare le difficoltà e riacquistare quel benessere che non fu un miracolo, ma il frutto dell’intenso lavoro e della fraterna cooperazione fra tutti gli italiani».

Sono le sue ultime, ispirate parole. Quanti oggi ci inchiniamo pensosi e commossi davanti alle sue spoglie, facciamo nostra la sua esortazione e il suo auspicio. Posso affermare che questo egli sperava e attende.

FALCONE LUCIFERO

Ministro della Real Casa