Discorso di Re Vittorio Emanuele III per il cinquantenario del Regno d’Italia
Sul Campidoglio, Vaticinato dal sommo poeta latino, eterno come Roma, stanno oggi attorno al Re i liberi rappresentanti del Parlamento e dei municipi, simbolo vivente dell’unita politica indissolubile e delle franchigie locali. Io vi saluto, evocando la memoria dei pensatori, degli eroi e dei martiri, ai quali dobbiamo la Patria.
In questo convegno nazionale, irresistibile e fervido, esce dai nostri petti il giramento di rendere l’Italia sempre più rispettata nel mondo. Nelle legittime impazienze, aspiranti a migliori fortune giova riconoscere che non si riparano, in breve tempo, gli effetti di lunghi secoli vissuti nella divisione e nel servaggio. Per il nostro paese scorse un’età anche più veneranda di quella dipinta dal segretario fiorentino, quando, mancata la concordia dei cuori e delle armi, la disciplina del carattere, l’obbedienza spontanea a quelle leggi, che sono sostanza di vita e di salute, all’Italia, vinta e doma si tolse ogni virtù di pensiero, ogni potere militare e civile. E occorre figgere gli sguardi in quelle calamitose profondità o misurare di quale sforzo titanico fu capace l’anima della nazione per rivolgere le sorti di un popolo avvilito in quelle di un popolo libero e geloso dei suoi diritti.
Nella nostra virile modestia non si dimentichi l’ufficio che la storia ha assegnato all’Italia. Essa esprime, col ricongiungersi di sparse genti infelici, il diritto intangibile delle nazioni a vivere indipendenti.
Con Roma capitale, l’Italia rappresenta la tranquilla convivenza della Chiesa con lo Stato, che garantisce piena e feconda libertà alla religione come alla scienza.
Quest’opera dei padri, dei redentori della Patria, non può apparire meno elevata delle due precedenti civiltà di Roma.
Il Padre mio, di venerata memoria, in un discorso solenne così diceva: “ Fra i maestosi avanzi della grandezza antica non ci sembri molesta la grandezza nuova. L’antica , per lo spirito del tempo, fu universale, la nuova è nazionale. Dalla prima si ebbe un’Italia romana, si ha dall’altra una Roma Italiana. Quella in espressione della forza, questa è espressione del diritto, e come ogni diritto, Roma italiana è inviolabile.
Devota all’indipendenza di ogni popolo l’Italia saprà custodire la propria, che è retaggio di tutta la sua storia antica e recente, e contribuirà con l’opera della pace al progresso universale in una ascensione continua verso ideali sempre più alti.
Ed è fatidico che di tanti imperatori sul Colle aperto ai fasti consolari e alle istituzione romane, restò solo il simulacro di Marco Aurelio, salutante il trionfo, illuminato dalla luce austera della virtù stoica; immagine sacra e propiziatrice di quel culto della legge morale e civile che la Patria nostra vuole osservare, fidente in un sicuro di prosperità e gloria.
Vittorio Emanuele