I trentacinque giorni
- Innanzitutto, sempre, l’Italia! E la mia vita stessa, se necessaria, in qualsiasi contingenza…
E’ vero che la sera dell’urto con il governo Vostra Maestà lasciò il Quirinale per recarsi in un primo tempo in casa Barzini?
La risposta è affermativa. Così pure affermativa la risposta se come qualcuno ha rivelato, più tardi egli si sia recato in via Lignana, Via Verona, ove prese le ultime decisioni e pensò alla stesura del proclama agli Italiani.
S’accorge che io esito a motivo di una domanda molto importante che ora vorrei porre.
-Dica pure: dono ormai dell’avviso che tacere è favorire i “si dice”, frutto dei “si spera” degli altri.
E l’ammiraglio Stone? Si è non poco parlato e scritto dell’azione del capo della Commissione alleata…
Tace un istante, poi, marcando le parole:
-Stone non era e non è l’America.
Breve pausa; aggiunge:
-Ho avuto e ho per gli Stati Uniti, per la loro salda struttura democratica, per l’elevato tenore di vita raggiunto da quel proletariato industriale ed agricolo, per gli uomini eminenti che in ogni campo ha dato e dà all’umanitàintera, un riconoscimento senza riserve.
Insisto con Umberto II perché in riferimento al periodo del referendum e di dopo, mi informi circa gli effettivi rapporti tra la Corona e il capo della commissione Alleata.
Taluno può pensare che gli alleati in un modo o nell’altro in quel periodo abbiano influito sulle estreme decisioni…
-Gli Alleati non c’entrano. La volontà degli Stati Uniti e dell’Inghilterra circa la politica interna italiana era quella espressa dalle clausole dell’Armistizio: “nessuna ingerenza”.
Non mi do per vinto. Si sa che gli uomini preposti all’applicazione di trattati o norme spesse volteper iniziaruva proprioa o per mancanza d’iniziativa, specie se non diplomatici, supervalutano o sottovalutano le situazioni, donde un vantaggio ancheinvolontario a una delle parti.
Non so se per queta non movere o perché preoccupato di quanto era accaduto al suo predecessore, generale Mason Mac Farlane, l’ammiraglio Stine dette agli italiani di voler dare un colpo al cerchio e uno alla botte lasciando così che il cerchio si stringesse e la botte si sfasciasse.
-Ripeto, Stone non era e non è l’America. Alle prime avvisaglie di contrasto tra il parete della corona e quello del Governo, fors nella tema che io prendessi decisioni improvvise, mi disse: ” Non è il caso di precipitare gli eventi; è la Corte di Cassazione che dovrà pronunziarsi in modo definitivo”. Ma qunado io, che ero dello stesso avviso, dissi al governo che occorreva aspettare le decisioni finaeli della Corte, e il governo non aspettò, Stone non disse al governo quello che aveva detto a me!”
Mi fu riferito da fonte attendibile che, dopo la visita di Vostra Maestà al Pontefice, prima della partenza per l’esilio , pare che sua Santità abbia detto : ” Era un Re comprensivo ed umano..”. Forse il ricordo di quella visita grava fra i suoi ricordi: dopo un istante mormora:
-Quando l’aereo che mi portava verso l’esilio fu alto su Roma, il mi o sguardo si soffermò sul Quirinale, su San Pietro e sui quartieri più poveri della Capitale, ove tante volte, anche non riconosciuto mi ero recato con il mio Ministro per studiare da vicino i veri problemi delle classi lavoratrici…
L’ultima domanda, che temevo non riuscire a porre, specie per il modo e il come è rivolta prima che Umberto salga sull’automobile.
Se scoppiasse una guerra, se l’Italia dovesse subire una invasione o fosse nel pericolo di una guerra civile…
Dichiara fermamente:
-Il mio augurio è che nulla di ciò accada. Ho detto più volte e lo ripeto: non sono per il tanto peggio tanto meglio. Innanzitutto, sempre, l’Italia! E la mia vita stessa, se necessaria, in qualsiasi contingenza…
Risaluta con un cenno della mano, l’automobile parte, scompare. Dal piccolo giardino in fondo alla villa perviene un trillo festoso; le principessine Maria Gabriella e Maria Beatrice, con dei piccoli grembiuli sono intente ad annaffiare le aiuole al posto del giardiniere.