Oggi Umberto di Savoia compie 75 anni. Mi ha concesso una intervista, cosa veramente eccezionale perché è vario tempo che non riceve giornalisti.
Si è detto che Umberto di Savoia ha avuto sempre grandi “chances” presso il mondo femminile. Malgrado i suoi settantacinque anni ha ancora quel non so che, che mi colpisce come donna, quel fascino discreto che deve essere dono ereditario.
Resto colpita dalla splendida casa, la dimora signorile di una persona di molto gusto.
“E’ un dono degli italiani che sapevano il disagio della mia prima dimora. Colpirono il mio sentimento, e fui molto riconoscente per questo dono che era anche pratico”.
Dal salotto il re mi invita a seguirlo al piano superiore dove si trova il suo appartamento privato che rispecchia tutta la sua personalità di uomo di cultura e amante dell’arte. Il suo studio è tutto foderato di libri: ovunque si notano ricordi personali o di famiglia. Si sente che il re passa in questo studio la maggior parte della sua giornata. Mi mostra il tavolo ingombro di carte e di corrispondenza: ” Sono decine e decine le lettere che mi giungono e alle quali rispondo”.
Passiamo quindi nella biblioteca: un vero sogno per un bibliofilo. Migliaia di libri di storia, di letteratura e di arte. Nel centro un grande tavolo con tutto il materiale per il suo lavoro per illustrare , in volumi di prossima edizione, la raccolta delle medaglie di Casa Savoia.
“E’ una tradizione. Mio padre raccolse le monete italiane e pubblicò il “Corpus Nummorum Italicorum” e io raccolgo le medaglie della mia Casa e ne scrivo la storia“.
A questo punto è giunto il momento di rivolgere qualche domanda al re: Lei vive in Portogallo da 33 anni: possiamo parlare di rassegnazione all’esilio?
“Più che di rassegnazione parlerei di sopportazione di un male imposto, essendo qui in virtù di norme costituzionali da più parti e da me definite inique”.
Perché inique?
“Esse violano anche la Carta della Nazioni Unite sui diritti dell’uomo”, colpiscono bambini e nascituri, rappresentano una sorta di condanna eterna senza che ci sia stato un regolare processo. E non si vede perché i Savoia non possano vivere in Italia, così come i discendenti dei sovrani francesi, portoghesi e tedeschi risiedono rispettati nelle repubbliche di origine. Nella stessa Grecia, divenuta repubblica nel 1974, la Costituzione non prevede la pena dell’esilio per la famiglia reale. L’esilio è prerogativa liberticida degli Stati totalitari“.
Da parte repubblicana qualcuno ha obiettato che fu lei, il 13 giugno1946, a partire spontaneamente e che, una volta partito senza abdicare, la repubblica doveva garantirsi contro i pericoli di una restaurazione.
“Di partenza parlò l’onorevole De Gasperi quando si pretendeva di pormi di fronte a risultati (del referendum n.d.r.) che non potevo accettare senza il giudizio definitivo che spettava esclusivamente alla suprema corte di Cassazione.
Attorno al presidente del consiglio si manifestarono tendenze favorevoli allo scontro fisico, si minacciava lo sciopero generale, c’erano tumulti violenti in varie città, mi preoccupava la situazione al confine orientale, in Italia c’erano truppe straniere, morti e feriti a Napoli. In quel clima, e volendo evitare all’Italia una seconda guerra civile, decisi di partire. Doveva essere una lontananza di qualche tempo, in attesa che le passioni si placassero. Poi pensavo di poter tornare per dare una mano anch’io, umilmente e senza avallare turbamenti dell’ordina pubblico, il mio apporto all’opera di pacificazione e di ricostruzione“.
Ma in caso di suo ritorno, non ci potevano essere disordini o pericolo per le nuove istituzioni repubblicane?
“Io non sono mai stato per la politica del tanto peggio tanto meglio”, ho sempre voluto anteporre l’interesse della Patria alle stesse valutazioni legittime della Corona e su questa linea si sono sempre attenuti i milioni di monarchici. Del resto fui io a sciogliere dal giuramento di fedeltà al re prelati e ufficiali, magistrati e fedeli servitori dello Stato, perché lo Stato continuasse. Mi si rispose con le norme transitorie e finali della costituzione, rendendomi addirittura apolide e togliendomi i diritti civili.”
Ma la mancata abdicazione?
“A parte le mie permanenti riserve sulla validità della preparazione, dello svolgimento e dei risultati del referendum – basterà leggere quanto scritto e documentato in proposito dal mio ministro Falcone Lucifero, in appendice al libro Il Re dall’esilio, recentemente pubblicato dall’editore Mursia – credo che un re abbia il dovere storico e dinastico di abdicare solo a favore di un altro re e mai di una repubblica“.
Lei si è spesso rivolto agli italiani con messaggi nei quali ha sempre toccato anche gli aspetti politici del momento: che cos’è che la preoccupa di più dell’Italia di oggi?
“Il prevalere degli interessi di parte, la carenza del senso dello stato in molti uomini politici, l’instabilità e la violenza. Il prevalere degli interessi settoriali ha fatto troppo spesso perdere di vista quelli permanenti della nazione e della collettività con conseguenze evidenti a livello della governabilità, di programmazione economica, di contenimento della spinta inflazionistica che rischia di pregiudicare i sacrifici dei meno abbienti.
La carenza del senso dello Stato è strettamente connessa alla favorita decadenza di quei valori religiosi, civili e patriottici attorno ai quali si manifesta, soprattutto nei momenti difficili, una vera unità nazionale.
troppi cattivi esempi, troppi scandali: la gente sembra non reagire, quasi abituata o insensibile, come rassegnata all’inevitabile. Questo stato d’animo difficilmente garantisce il successo a una politica di sacrifici per ristabilizzare l’economia e favorire l’occupazione. In questa atmosfera di vuoto ideale trovano spazio ideologie che favoriscono e alimentano la violenza.
E il terrorismo?
“E’ un male comune a molti paesi occidentali, ma sarebbe un errore pensare che sia un male inevitabile dei sistemi democratici. Penso esista realmente un disegno internazionale che si serva del terrorismo per fini destabilizzanti, ma in questo caso occorre che lo Stato sia fermo nel combattere anche le cause. L’Italia purtroppo affronta un tipo di terrorismo apparentemente diverso da quello di altri paesi: non c’e’ separatismo armato come nella regione basca , in Corsica o nell’Irlanda del nord. Da noi mancano anche motivazioni pretestuose per giustificare attentati o delitti e si assassinano brutalmente magistrati, carabinieri, agenti di polizia, giornalisti, uomini politici e anche cittadini innocenti, in nome di ideologie deliranti, servendosi di mani giovani e con finalità chiaramente destabilizzanti.
Credo che gli Italiani chiedano sicurezza, che si applichi rigorosamente la legge, che funzionino a esclusivo servizio dello Stato i servizi segreti, che le forze dell’ordine siano dotate degli strumenti tecnici adeguati per affrontare compiti sempre più difficili….”.
Ma lei pensa che la facilità con cui le menti del terrorismo arruolano tanti giovani per azioni delittuose non apra anche il discorso sulle cause sociali della violenza?
Più è sano il tessuti della società, più c’e armonia tra le classi sociali, più fiducia nelle istituzioni, più gli eletti del popolo e i titolari di pubbliche funzioni brillano per la loro onestà, meno spazio può esserci per la violenza. Disoccupazione, inserimento dei giovani nella vita, sono problemi da risolvere con precedenza assoluta. In Italia si sono create false speranze e troppe illusioni; università alle quali si accede senza adeguata selezione e che diventano sovraffollate fabbriche di disoccupati e disadattati.”
NOn crede che partiti e sindacati abbiano le loro responsabilità nella presente crisi italiana?
“manca una forza moderatrice al di sopra delle parti; sindacati e partiti sembrano a volte vivere alla giornata, perdendo di vista gli orizzonti più vasti che sono quelli del bene comune e della stabilità e nella continuità . In Italia i politici sembrano talora amare più la nebulosità del linguaggio e delle formule che la necessità di garantire un buon governo e la chiarezza dei programmi nei ruoli insostituibili della maggioranza e dell’ opposizione.
Se tutti i partiti, elemento irrinunciabile in una moderna democrazia, offrissero la tranquillità assoluta della reciproca intercambiabilità alò governo e all’opposizione, l’Italia non si troverebbe ad affrontare, in termini ultimativi per al libertà, le frequenti consultazioni elettorali politiche. Sui sindacati vorrei fare una considerazione ed esprimere un auspicio, premesso che, li ritengo indispensabili nell’ordinamento di uno stato libero: essi devono svolgere la loro azione nel mondo del lavoro, senza sostituirsi allo Stato e al Parlamento. L’auspicio è che le azioni sindacali non blocchino mai i servizi essenziali, trasformandosi così in fenomeni antipopolari. Ma il problema ci porterebbe a parlare dell’attuazione degli articoli 39 e 40 della Costituzione sulla regolamentazione del diritto allo sciopero”.
In sostanza lei ritiene insostituibili partiti e sindacati, ma auspica una quadro istituzionale monarchico. Che utilità porterebbe un ritorno alla monarchia all’Italia di oggi?
“Prima della utilità, vorrei far mia una definizione della monarchia scritta dall’insigne costituzionalista Emilio Crosa: “La monarchia è la tradizione dello Stato, l’Istituto che rappresenta la Nazione , la raffigura nel suo passato, la riassume nelle sue più profonde aspirazioni e necessità nazionali.. Da questa definizione traspare chiaramente l’utilità della monarchia e basterebbe riandare con la memoria alle elezioni presidenziali degli ultimi anni per cogliere tutte le premesse e le conseguenze destabilizzanti del sistema repubblicano. In un sistema monarchico, la Corona sarebbe il necessario correttivo alla partitocrazia e rappresenterebbe il naturale punto di riferimento della Magistratura , delle Forze armate, della burocrazia, di tutte le forze in sostanza, che garantiscono il funzionamento statale e la libertà dei cittadini”.
E nell’arco dell’Europa unita?
“L’Europa, uscita dalle elezioni del 20 giugno, e formata da cinque monarchie e da quattro repubbliche. Le monarchie sono nazioni stabili che hanno dietro di loro una storia ricca di iniziative unificatrici. Dal nulla, dalla polverizzazione secolare le Corone hanno creato unità sempre più vaste; a volte centralizzate, altre volte federative, altre volte ancora sovra nazionali e caratterizzate dalla convivenza fra loro di popoli, di lingue, di razze e di religioni diverse. Questa loro naturale vocazione aggregante, come ho in più occasioni affermato nei miei messaggi, consente alle monarchie di dare un apporto determinate per creare l’Europa effettivamente una, libera e indipendente, nella salvaguardia della individualità dei singoli popoli.”
Quale pensiero invia oggi agli italiani?
“Superate i contrasti, siate liberi nelle vostre scelte, abbiate, come avete sempre avuto nel passato, alto il senso del confronto civile con gli altri popoli; e questo per avanzare, per essere all’altezza di tempi tanto difficili, per essere degni del nostro passato e delle migliori tradizioni della Patria. E mi piace, infine, ripetere l’esortazione più volte ribadita nei miei messaggi: tenete sempre presente che con la libertà tutto è possibile, mentre senza la libertà tutto è perduto”.
Conclusa l’intervista il re mi accompagna a visitare il parco.
Poi con intima soddisfazione mi mostra dei grandi alberi:” vede – mi dice – questi li ho piantati io stesso circa dieci anni fa, facendo venire i piccoli arbusti da taluni vivai d’Italia”.
Ammiro le magnifiche aiuole fiorite.
“Peccato che già comincino a sfiorire. Seguo personalmente con il giardiniere i lavori di piantagione e trovo una piacevole distrazione occuparmi dei fiori.”
Edith Wieland – “Il giornale” – 15 settembre 1979