Intervista di Enzo Fedeli 1972
Può darmi un giudizio, Maestà, sul cosiddetto “Statuto dei lavoratori”, la famosa legge 300, da due anni in vigore in Italia?
“E’ un atto importante che tende a rispondere ai giusti aneliti dei lavoratori, i quali hanno diritto di vedere tutelata la loro libertà, dignità e sicurezza sul lavoro. Ma certe norme hanno motivo di essere e sono valide solo se trovano rispondenza nella maturazione civica dei cittadini, altrimenti possono diventare – anche se eque – addirittura strumento di sovversione. Può capitare di trovare alcuni articoli della legge inadeguati alla realtà, perché non sorretti dal senso di responsabilità di alcuni lavoratori. Cito il fenomeno dell’assenteismo nelle fabbriche, ad esempio, fenomeno però che può essere alimentato anche da altri complessi motivi.
Siamo in una fase di transizione o , se si vuole, di formazione di nuove civiltà, ma certi principi intanto vanno affermati.
Comunque, il diritto di libertà di opinione, precise norme per le sanzioni disciplinari nelle fabbriche, la tutela della salute e della integrità fisica, le facilitazioni ali lavoratori studenti, le attività culturali ricreative e assistenziali nella aziende, il diritto di associazione e di attività sindacale, il divieto di atti discriminatori per adesioni politiche o sindacali e altri principi ancora sono conquiste maturate e indispensabili“.
Lei ha fatto un accenno alle attività sindacali. Che ne pensa della situazione sindacale in Italia?
“Un terreno scabroso, in quanto tutti gli italiani sono uguali per il Re. Non esistono coloriture politiche né contrasti sociali o interessi economici e di categorie che possano indurre un Re costituzionale a distinguere tra italiano e italiano. Non posso quindi esprimerti opinioni né sull’azione politica dei partiti né su l’azione e strutturazione dei sindacati.
Mi limito ad affermare che ai sindacati, in una società moderna, spetta un ruolo primario. Purché…ci siamo capiti. Pur nelle inevitabili divergenze di idee e di interessi, il confronto ed il colloquio sono indispensabili. Tutto sta nel conoscere a fondo i problemi anche nella loro interdipendenza, nel senso di misura e di tempestività, nel senso di realtà responsabile, nella visione equilibrata diciò che è giusto e possibile. Parlo per tutte e due le controparti, tanto per usare un termine in uso tra i sindacalisti.
L’anelito alla giustizia sociale è anche amore di ordine. La maggioranza degli italiani sente così.”
Richiesto di un giudizio sui partiti politici il Re risponde:
“I partiti devono esistere, in quanto espressione di libertà e strumenti di progresso. Ma anche i partiti devono avvertire dei limiti invalicabili: il bene della collettività deve sempre prevalere sugli interessi, veri o presunti, di una frazione.
Ecco cosa posso aggiungere oggi: ribadire la necessità di essere sempre più uniti.
Invincibili, si intende, nel processo di evoluzione civile e sociale, nelle opere di pace, nella competitività del lavoro italiano nel mondo. Piùuniti per costruire , con l’aiuto di Dio, un’Italia socialmente progredita, politicamente pacificata ed economicamente prospera“.
Maestà, il 13 giugno 1946, dopo aver lanciato il proclama in cui denunciava il gesto rivoluzionario del governo, Lei partì da Ciampino per l’esilio, volendo scongiurare una nuoca guerra civile. Quel giorno – Vostra Maestà disse – patì l’ora più triste della sua vita. E’ ancora così?
“Resta l’ora più triste della mia vita e la rivivo ogni giorno e non è facile trovare la strada del conforto, soprattutto perché credo nella validità dell’istituto monarchico in Italia. Per questo e solo per questo non intendo rinunciare alle prerogative della mia Casa”.
Enzo Fedeli – La Mole – 17 settembre 1972