Da “Il Re in un angolo” di Giovanni Mosca, Rizzoli Editore, 1950
“C’è una bellissima parola portoghese la quale esprime alla perfezione ciò che io sento. Una parola intraducibile “saudade” . Saudade significa gioia di ricordare una per una le cose lontane…..
“L’amo tanto la mia patria che mi dà gioia anche di lontano….
” La storia della mia Casa è una storia – insieme alle glorie e ai trionfi – di dolori e di sventure. Su questa medesima terra, di fronte allo stesso Oceano che si scorge di qui , or è precisamente un secolo, morì Carlo Alberto. Qui morì infelice, parecchi secoli or sono la Contessa Matilde di Savoia, prima Regina di Portogallo. Non è la prima volta ch’io sono in esilio. Non per la prima volta io morirei di fronte a questo mare.
Come si nasce falegnami o architetti per tradizione di famiglia, così si nasce Re, e come si impara dai primissimi anni a piallare il legno o a disegnare un arco, così si impara, ed è il mio caso, a riguardare le sventure come semplici incidenti del mestiere, a rassegnarsi alla volontà di Dio, a giudicare serenamente gli uomini, sia gli avversari che gli amici, a non serbare rancore verso di quellli e a non illudersi sul conto di questi, e a non stupirsi quando t’abbandonano e ti tradiscono, essendo cosa, questa, assai naturale che i re, nella disgrazia rimangano soli….
“Io non sono il Re dei monarchici. Io sono il Re degli Italiani. Del resto, più ancora dell’opera – della quale pur sono loro grato – che vanno svolgendo coloro che mi sono rimasti fedeli, saranno gli avvenimenti – ben suèperiori agli uomini – i quali affretteranno il nuovo proporsi della questione istituzionale in Italia o decreteranno il mio esilio perpetuo….
“Il Re s’è affidato a Dio. L’uomo può desiderare che Iddio non voglia lasciarlo morire in esilio.
“Il criterio del tanto peggio tanto meglio non è da buoni italiani, perciò non può venir seguito dai monarchici.
Non v’è italiano, si può dire che passando per Lisbona non venga a farmi visita. Anche operai, anche contadini, ed è difficile ch’io non conosca il loro paese, ch’io on sappia minuziosamente descriverlo… Molti non vengono solo per curiosità o per affetto, ma per chiedere consiglio, aiuto, assistenza.. Quel che posso faccio, quel che non posso riesco a fare ugualmente, valendomi delle buone amicizie che ho qui in Portogallo. Una volta, dopo avermi pregato di trovargli lavoro un operaio mi confessò :” Io però ho votato per la repubblica”, e non poteva capacitarsi che io non gliene volessi affatto e che mi impegnassi ugualmente di fargli avere un posto.
“Le speranze dei Re in esilio… Piccole speranze . Io qui sulle rive dell’oceano, ho quella dei libri, che tornino come uccellini al nido.
“Dare a chi chiede è per me un bisogno prima ancora che un dovere.
“Gli avvenimenti ci hanno separati, ci hanno dispersi; non però negli affetti, nei quali la famiglia dei Savoia rimane e rimarrà sempre teneramente unita.
“Li ha mai visti, in certe cartoline colorate, quei nostri ritratti, con mio padre, mia madre e tutti noi figli stretti in gruppo l’uno all’altro, e sopra di noi sventolare la bandiera? Così siamo ancora, come quando io ero il principino vestito alla marinara e le mie sorelle erano pettinate con le trecce, così siamo ancora, come stretti in gruppo, l’uno all’altro, anche se mio padre e Mafalda non ci sono più….Nostra madre… Povera donna che a Cannes, essendoci noi affettuosamente raccolti intorno a lei, di una cosa si doleva, di non avere le braccia abbastanza grandi quanto il cuore per poterci abbracciare tutti insieme. Ed abbracciava, aprendole più che poteva, anche gli assenti.
“Mio padre e mia madre …. avevano superato nei loro rapporti sentimentali, ogni manifestazione esteriore. bastava loro uno sguardo per intendersi: attraverso gli occhi si leggevano nell’anima. Si sono amati come credo che pochi al mondo si siano mai potuti amare.
Periodi estrapolati dall’intervista rilasciata a Giovanni Mosca nel 1950.
Intervista ripresa su libro divulgativo dell’ UMI Torino 1955